Semplice: un fuorviante poster in giapponese (ma dai?) della prossima release Sony, avrebbe confuso il collaboratore del sito che durante la sessione pad alla mano, non si sarebbe accorto dell'errore andando poi a realizzare il pezzo incriminato e costringendo alle scuse (quasi un mese dopo la pubblicazione), il responsabile del sito. Ecco quindi che Matt Martin (che ben conosco essendo un vecchio redattore di Eurogamer UK all'epoca in cui dirigevo la baracca in Italia) ha buttato giù due righe prendendosi la responsabilità e mettendo una pietra sopra alla questione. Tutto molto semplice. Se non fosse che di semplice, nella gestione di una fiera da parte di una testata, c'è sempre molto poco. E da qui torniamo a parlare delle solite questioni legate alla professionalità, alla gente che parla e soprattutto all'idea diffusa che chiunque possa scrivere di videogiochi, come se scrivere fosse l'unica componente di un lavoro che presuppone tutta una serie di competenze che non arrivano facendo gli unboxing dalla cameretta (lo so, sono avvelenato) e tantomeno collaborando da casa con una redazione o andando al press tour mettendo un pacco di foto su Instagram. Sicuramente se a quell'appuntamento con Sony fosse andato Matt, non si sarebbe trovato a scrivere oggi un editoriale di scuse. Sicuramente l'esperienza è quella cosa che evita queste figure di merda apocalittiche che portano (sempre) delle conseguenze nel lungo termine (e non parlo sicuramente del lettore che scrive sul forum, perchè a VG24/7 come a chiunque altro, di quello frega sempre relativamente). Nel mondo del giornalismo c'è un problema serio a prescindere. Chiamare giornalismo invece, quella specie di ecosistema autoreferenziale che ruota attorno al gaming fatto di qualche bravissima penna e una miriade di inutili subumani (spesso con il super ego pimpato dai social) è veramente un sacrilegio.
L'EPIC FAIL (CON SCUSE) DI VG24/7 E L'IMPORTANZA DELLA FIRMA
Semplice: un fuorviante poster in giapponese (ma dai?) della prossima release Sony, avrebbe confuso il collaboratore del sito che durante la sessione pad alla mano, non si sarebbe accorto dell'errore andando poi a realizzare il pezzo incriminato e costringendo alle scuse (quasi un mese dopo la pubblicazione), il responsabile del sito. Ecco quindi che Matt Martin (che ben conosco essendo un vecchio redattore di Eurogamer UK all'epoca in cui dirigevo la baracca in Italia) ha buttato giù due righe prendendosi la responsabilità e mettendo una pietra sopra alla questione. Tutto molto semplice. Se non fosse che di semplice, nella gestione di una fiera da parte di una testata, c'è sempre molto poco. E da qui torniamo a parlare delle solite questioni legate alla professionalità, alla gente che parla e soprattutto all'idea diffusa che chiunque possa scrivere di videogiochi, come se scrivere fosse l'unica componente di un lavoro che presuppone tutta una serie di competenze che non arrivano facendo gli unboxing dalla cameretta (lo so, sono avvelenato) e tantomeno collaborando da casa con una redazione o andando al press tour mettendo un pacco di foto su Instagram. Sicuramente se a quell'appuntamento con Sony fosse andato Matt, non si sarebbe trovato a scrivere oggi un editoriale di scuse. Sicuramente l'esperienza è quella cosa che evita queste figure di merda apocalittiche che portano (sempre) delle conseguenze nel lungo termine (e non parlo sicuramente del lettore che scrive sul forum, perchè a VG24/7 come a chiunque altro, di quello frega sempre relativamente). Nel mondo del giornalismo c'è un problema serio a prescindere. Chiamare giornalismo invece, quella specie di ecosistema autoreferenziale che ruota attorno al gaming fatto di qualche bravissima penna e una miriade di inutili subumani (spesso con il super ego pimpato dai social) è veramente un sacrilegio.
Applausi (h)
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