Sarà che oggi dopo un secolo, è finalmente arrivata la seconda uscita dei robottoni Go Nagai che ho ordinato una vita fa. Sarà che ho vinto per sbaglio un cofanetto con tutti i film più famosi dei robottoni di cui sopra. Saranno 'ste cose qui ma, insomma, oggi è giornata robottoni in un modo o nell'altro. Con buona pace di Star Wars.
Ed ecco quindi Lo chiamavano Jeeg Robot, che è (incredibilmente) una pellicola italiana che in verità con il cartone animato non c'entra niente, ma pesca piuttosto dall'universo dei supereroi Marvel creando il primo supercoatto della storia. Tale Enzo Ceccotti (interpretato da Claudio Santamaria) è un poveraccio della periferia romana che una volta compresa l'importanza dei suoi poteri (arrivati dopo una scivolata in un barile di rifiuti radioattivi), tenta di fare due tra rapine e goffi tentativi di sbarcare il lunario. Il richiamo al personaggio viene in realtà da un trick della trama, con la ragazza di Ceccotti impazzita dopo la morte della madre, convinta che il suo fidanzato sia proprio Jeeg Robot sapendo le cose di cui è capace. Come ogni eroe che si rispetti, la sua necessaria nemesi prende il nome di Luca Marinelli, boss di zona determinato a sapere cosa c'è dietro i poteri di una persona insignificante fino al giorno prima. Tra Tor Bella Monaca e il centro di Roma, tra clan rivali, pesci piccoli e grandi, l'azione messa in scena da Gabriele Mainetti va via che è un piacere, nonostante un budget sicuramente non hollywoodiano, facendo emergere allo stesso tempo tematiche sociali serie, tanta ironia e tocchi di classe per trentenni nostalgici. Lo chiamavano Jeeg Robot è scritto bene, recitato bene, girato bene: funziona bene, prendendo pure un po' per il culo il serioso cinema nostrano che una cosa così, prima, non l'aveva mai partorita. Del resto Mainetti è stato pure quello del cortometraggio ispirato a Lupin III con Valerio Mastrandrea, di qualche tempo fa. Ce ne vorrebbero di più. Da febbraio al cinema.
VOTO 8/10
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