[SERIE REVIEW] VIKINGS (S.3)

Continua a non essere Game of Thrones, continua a viaggiare spesso tra momenti esaltanti e svolte fin troppo improvvise che spesso finiscono in un nulla di fatto nonostante gli spunti interessanti. Eppure continua anche a tenermi incollato alla TV.
La terza stagione di Vikings è da una parte la celebrazione di Ragnar, ormai re leggendario dei vichingi, e anche la sua (apparente) parabola discendente dall'altra, perchè giunti all'apice si può solo cadere giù. E questa volta il nemico è di pari livello, anzi, Ecbert del Wessex è la nemesi perfetta dello stesso Ragnar e quindi pericolosissimo per una serie di motivi. Ma la terza stagione è anche quella dell'avvicinamento (apparente pure questo) al cristianesimo, con un rapporto sempre più stretto con Athelstan, intrecciato con le numerose vicende che vedranno un crescendo di azione e intrighi veramente appassionante. In particolare il poker di episodi finale, con l'attacco a Parigi, porta il livello al top con un'importanza maggiore in questo caso, anche del fattore magico e mitologico che resta in forte contrapposizione con la presunta storicità di una saga comunque griffata History Channel. Eppure l'indovino di Kattegat continua a fare centro con le sue previsioni e per la prima volta, considerando anche quanto la religione sia un tema centrale specialmente in questa occasione, si avrà a che fare con divinità nordiche in carne ed ossa fino ad ora solamente invocate in virtù della forte contrapposizione tra cristiani e pagani. Tra i personaggi, conferme e novità: c'è il consolidamento dei più amati, se vogliamo, mentre la Aslaug di turno finirà per essere confinata ad inutile comprimaria anche se è in un certo senso così è sempre stato. Notevole comunque il crescendo dall'inizio che guida a un finale eccezionale ricco di sorprese e che apre una volta ancora a innumerevoli scenari, con la nuova stagione che promette scintille.

VOTO 8/10