[XBOX ONE REVIEW] FOR HONOR



Oltre 100 ore di multiplayer, distribuite tra le varie fasi precedenti al lancio. Quasi 20 da martedì, con 6 ore e qualcosina di campagna single player. Cavalieri, samurai e vichingi: è giunto il momento di parlare di come funziona con il pad in mano e dare il voto.
Bello, bellissimo, quasi perfetto. In sintesi For Honor è proprio questo e ha tanti meriti per una serie di motivi che adesso vi spiego. Inutile dire che il fascino del setting, dei combattimenti all'arma bianca, di armature scintillanti e fatality sanguinolente su di me ha pesato parecchio ma ovviamente non è tutto qui, anzi. Onestamente, al momento dell'annuncio, veder mischiati i samurai con altre due razze naturalmente in guerra, come potevano essere dei guerrieri medievali e dei vichingi, ha dato un po' fastidio. Pensavo si trattasse di qualcosa di verosimile a livello di ambientazione ma poi ho capito che no, For Honor era qualcosa di completamente nuovo, anche a livello di mondo, pur attingendo a piene mani dai libri di storia. Un cataclisma ha segnato i regni di tre popoli da sempre in lotta tra loro e una guerra senza fine incombe nuovamente, in una quotidiana lotta per la conquista di nuove terre. Questo è un po' il filone narrativo che è dietro sia al single che al multi del gioco. con pesi ovviamente molto diversi. Partendo dalla campagna principale (giocabile tuttavia unicamente con la console connessa a internet), c'è da dire che pur essendo un'opzione evidentemente accessoria rispetto all'offerta virtualmente infinita dell'online, non si tratta di una feature trascurata dal team di sviluppo. Parliamo come dicevo di qualche ora di gioco intenso, con 18 missioni da affrontare tra razzie, assedi e duelli mortali con bot che, allo stato attuale delle cose, risultano essere molto più pericolosi di tanti giocatori umani su Xbox Live. A volte tuttavia, l'IA, in linea generale sopraffina, sbarella un pochino alternando fasi di quasi invincibilità a momenti di sbandamento piuttosto evidenti. Nonostante la mancanza di un filo logico vero e proprio nell'avventura raccontata a suon di mazzate, le vicende de La Legione di Ossidiana, della perfida Apollyon e dei tanti eroi corazzati che incrocerete, il single sta in piedi con una sua dignità, fungendo tra le altre cose come un lungo (e indispensabile) tutorial in cui giocare tutti e 12 i character utilizzabili poi in multiplayer.


Il cuore di For Honor, manco a dirlo, è ovviamente quello che batte sui server di Montreal, per un'esperienza che a mio modo di vedere, troverà infiniti sbocchi anche nel mondo dell'eSport e dei videogiochi competitivi. Esagerato? Non credo, considerando che in questi termini, il gioco è veramente il più classico degli sparatutto rivisto in ottica fantasy e medievaleggiante. Anzi, facciamola più facile: avete presente quel capolavoro di Mount & Blade? Pensatelo in una veste ancora più arcade, più veloce. For Honor è esattamente questo, soprattutto in alcune modalità come Dominio in cui la strategia di squadra sarà più premiante che l'assalto in solitaria. Del resto, per cimentarsi in scontri molto meno frenetici ed elaborati, esiste il Duello, che è forse la maniera migliore per apprezzare il combat system del prodotto: il fulcro del gameplay, il risultato di un bilanciamento (ad oggi) apparentemente perfetto e appagante nella sua semplicità. A posizione di attacco corrisponde posizione di difesa, a mossa corrisponde contromossa, a classe si oppone classe con le sue peculiarità. Niente di più easy, niente di meglio. Ho giocato duelli della durata di 10 minuti, risolti magari con una spallata al momento giusto che ha fatto precipitare il nemico al doppio della mia energia in un crepaccio, dandomi la vittoria. Cervello e non button mashing insomma, per il quale è riservato il campo di battaglia di altre modalità. Al termine di ogni sessione, vinta o persa, il battlefied potrebbe regalare dei loot di diverso tipo durante la corsa lungo i 20 livelli da scalare per trasformarsi in una letale macchina da guerra. Padroneggiare l'uno o l'altro guerriero non sarà ovviamente impresa semplice e per quel che ho visto, sarò veramente una questione di gusto personale più che di skill. Naturalmente come al solito, la scelta è ricaduta sul template del paladino come da copione per me: il Warden.


L'hub di gioco che è poi concettualmente quello di The Division, consente di tenere sempre tutto sotto controllo e da accesso alla mappa, alle diverse modalità, al PvP e al PvE, così come all'Ubisoft Club e alle millemila promozioni disponibili su base quasi quotidiana. Un po' come gli ordini da soddisfare, incarichi a tempo che vi consentiranno di fare XP in maniera facile e veloce, esattamente come nel caso della New York devastava di Massive. Della customizzazione, c'è molto poco da dire: l'editor è semplicemente mastodontico, con una serie di parametri quasi imbarazzante per numero e dettaglio. Potrete cambiare tutto dall'equipaggiamento all'arma, passando per i pattern utilizzabili su armature e spade, fino ai diversi simboli araldici e via dicendo, da mixare con il vostro banner personalizzato. I modelli sono impressionanti, proprio come tutto il comparto grafico che va a razzo su Xbox One, nonostante il casino su schermo nelle situazioni più concitate, i tanti bot in giro, gli effetti e tutto il resto. L'azione fila liscia ancora sui 30fps senza un'incertezza, salvo rarissimi casi di poco conto, considerando l'imponenza delle scene che avrete davanti tra esplosioni, urla, sangue e la sensazione di essere veramente nel mezzo di un assedio. Capolavoro, senza discussioni. E non solo oggi, ora. Capolavoro che avrà tutto il tempo di perfezionarsi ulteriormente con il passare dei mesi, a mio modo di vedere diventando ancora più hardcore e andandosi a prendere una bella fetta di utenza da giochi apparentemente diversi ma dallo stesso DNA competitivo. Brava Ubisoft.

VOTO 9/10

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